Il settimo sigillo.

Maggio 29, 2008

Difficile scrivere qualcosa su questo capolavoro di Ingmar Bergman, uscito nel 1956 e che secondo me costituisce una pietra miliare nella storia del cinema. Un film curato nei minimi dettagli, con una fotografia splendida, giocato molto sui contrasti luce-ombra, a simboleggiare i conflitti interiori dell’Uomo, le sue eterne domande destinate a rimanere senza risposta. Che senso ha la vita? Esiste Dio? Perchè siamo qua? Come potere vivere una vita dilaniata dai sensi di colpa, ben sapendo della drammatica transitorietà del tutto? Come sopravvivere ai propri conflitti interiori?

Ambientato in un cupo quattordicesimo secolo svedese, divorato dalla paura e dalla superstizione, ripropone dei temi che per il loro spessore rimarranno sempre attuali. Il protagonista, Antonius Block, è un cavaliere che ritorna dalle Crociate. Ad attenderlo trova la Morte, ben decisa a prenderlo con sè. Per ingannarla, Block comincia un’interminabile partita a scacchi, nelle pause della quale il cavaliere conosce varie persone e fa varie esperienze, destinate a gettare un quadro nel suo complesso non entusiasmante della realtà umana.

Un film che ho rivisto innumerevoli volte. Non mi sembra il caso di aggiungere altro. Mi inchino in silenzio davanti a questo capolavoro.

Sono andato a vedere questa pellicola per distrarmi, dopo una settimana da dimenticare. Ho passato un’ora e mezzo piacevolmente, il film si lascia guardare e ci sono delle scene veramente molto divertenti. Il protagonista, Rick Ricker, è un giovane superimbranato che viene morso in un laboratorio di ricerca da una libellula frutto di una ibridazione genetica. Acquista così dei superpoteri, decidendo di lottare contro il crimine, assumando il nome di Uomo-Libellula, con risultati però devastanti. Si scontrerà quindi con il suo acerrimo nemico, l’Uomo-Clessidra, che sopravvive vampirizzando l’energia degli altri esseri umani. In realtà questo film è secondo me principalmente una parodia di Spider-Man, costellata di piccole citazioni di vari film di supereroi. Piacevole il cameo di Pamela Anderson nella parte della Donna Invisibile. Tra l’altro non ho capito perchè la produzione non abbia mantenuto anche i nomi dei protagonisti di Spider-Man, visto che sono perfettamente riconoscibili in questa parodia, e molte scene sono state praticamente fotocopiate. Il film è abbastanza divertente, in alcuni punti però cade decisamente di stile. In particolare sono rimasto molto perplesso dalla parodia di Stephen Hawking (il famoso cosmologo costretto su una sedia a rotelle da una sclerosi laterale amiotrofica), pesantissima e di cattivo gusto. Insomma una pellicola buona per fare qualche risata, nulla di più. Mi ha fatto piacere rivedere sul grande schermo Leslie Nielsen, anche se molto invecchiato regge bene la parte.

Iron Man.

Maggio 12, 2008

Il cinema non poteva dimenticarsi di Iron Man, eroe della Marvel alquanto atipico, essendo un essere umano i cui superpoteri sono interamente dovuti a una avanzatissima armatura ipertecnologica. Sono quindi andato a vedere questa pellicola, che devo dire nel complesso è stata all’altezza delle mie aspettative.

Il protagonista, Toni Stark (interpretato da un più che valido Robert Downey Jr.), è il leader della Stark Industries, potente multinazionale fondata da suo padre Howard che eccelle nella produzione di sofisticati sistemi d’arma. Tony, oltre a essere un genio, è una persona che conduce una vita alquanto mondana, frivola e dissoluta. La prima parte del film pone l’accento su questo suo aspetto. Poi, durante un viaggio in un’imprecisata regione del medio oriente, il suo convoglio viene attaccato da un’organizzazione criminale e la sua scorta è brutalmente massacrata (grazie anche alle armi prodotte dalla sua stessa azienda). Tony Stark piomba quindi dalle stelle alle stalle, ferito al cuore, rapito e prigioniero di una banda di pericolosi criminali che lo costringono a costruire per loro un missile potentissimo, prodotto di punta della Stark Industries. Fa finta di accettare, ma in realtà progetta e costruisce un’armatura da combattimento con la quale riesce ad annichilire i suoi sequestratori e a fuggire. Lo aiuta nell’impresa Yin Sen, un fisico che tra l’altro inventa un meccanismo che gli salva la vita. Il poveraccio, nell’estremo tentativo di aiutare Tony a fuggire, verrà ucciso dai criminali mediorientali. Esperienza questa che contribuisce ad aprire gli occhi a Tony Stark e fargli prendere la decisione di cambiare stile di vita e modificare la mission della sua azienda, convertendola al civile. Comincia quindi a costruire una nuova versione della sua armatura da combattimento, ipertecnologica e avanzatissima, che continua ad aggiornare e migliorare. Tuttavia scoprirà a sue spese di avere un nemico in casa, Obadiah Stane (un inedito ma validissimo Jeff Bridges rapato a zero), vero mandante del suo rapimento e bramoso di impossessarsi delle Stark Industries. Questo losco individuo riuscirà a rubare i piani per la progettazione dell’armatura da combattimento di Stark, con il quale dovrà alla fine inevitabilmente scontrarsi. Il supereroe sarà comunque aiutato validamente dalla sua segretaria-factotum (una bellissima e convincente Gwynet Paltrow), con la quale ha una realzione molto complessa e tormentata.

Caratteristico di praticamente tutti i supereroi della Marvel è l’esistenza di un trauma (in questo caso non giovanile), in seguito al quale si sviluppa pienamente il personaggio, e Iron Man non fa certo eccezione. La nascita del supereroe è secondo me stata curata molto bene in questa pellicola. Un film nel complesso molto godibile, con ottimi effetti speciali e un cast eccellente, specie nei comprimari. Mi è in particolar modo piaciuta moltissimo un’inconsueta Gwynet Paltrow, ben calata nel ruolo della segretaria innamorata e schiva.

Peccato per qualche ingenuità nella sceneggiatura, comunque questo è un film che sicuramente vale la pena di vedere, specie per gli appassionati della Marvel.

La finestra sul cortile.

Maggio 4, 2008

Mi sono rivisto questo vecchio classico del cinema, un vero capolavoro filmato Alfred Hitchcock, forse il suo film migliore. La trama è nota. Il protagonista, impersonato da un eccezionale James Steward, si trova in convalescenza, immobilizzato a causa di una frattura a una gamba. La sua vita è quindi molto limitata, avendo a che fare solo con una infermiera e la sua fidanzata (interpretata da una spledida Grace Kelly), bramosa di convolare a giuste nozze. Unico suo passatempo è quello di spiare la vita dei vicini. Si rende conto così della sparizione di una donna, improvvisandosi detective per risolvere il mistero…

Un grande film, girato interamente in studio e ambientato in pratica solo nell’edificio dove il protagonista è suo malgrado costretto. Un film costruito meravigliosamente, con un crescendo di tensione che ti tiene incollato alla poltrona, nonostante la pochezza dei mezzi utilizzati per realizzarlo. Grandi attori, una splendida sceneggiatura, una regia magistrale e un montaggio perfetto. Guardando capolavori come questo mi rendo conto di quanto veramente spesso levando gli effetti speciali, di molte pellicole moderne rimane veramente poco…

Dark City.

aprile 16, 2008

Interessante film del 1998 di Alex Projas, regista del ben più famoso Il Corvo. Il protagonista, John, si sveglia atterrito sul luogo di un efferato delitto, del quale non ricorda tuttavia nulla. A dire il vero della sua vita ricorda molto poco in generale, e lentamente si accorge di alcune incongruenze del mondo che lo circonda. Perchè sulla tetra città dove vive non sorge mai il sole? Perchè non riesce a raggiungere una spiaggia che compare su molte immagini pubblicitarie e che si ricorda di avere visitato nella sua infanzia? Soprattutto, chi sono i diafani uomini vestiti di scuro che lo inseguono cercando di fargli la pelle?

Lentamente emerge una realtà devastante: la città nella quale scopre di essere prigioniero è in realtà un mondo artificiale creato da esseri alieni che usano i corpi degli uomini morti come involucri. Ultimi superstiti di una civiltà morente, queste creature dai potentissimi poteri telecinetici hanno costruito questo mondo posticcio allo scopo di studiare il comportamento degli esseri umani rinchiusi al suo interno, con l’obiettivo di comprendere i segreti dell’individualità umana e trovare una via di sopravvivenza.

Un’idea discreta, quella dell’inconsistenza del mondo nel quale viviamo, che troverà la sua apoteosi nel film Matrix, pellicola quest’ultima di ben altro spessore. Dark City è un film per alcuni aspetti ben fatto, la mano del regista de Il Corvo si vede. L’ambientazione gotica e sepolcrale della città è indubbiamente di una certa efficacia, come inquietanti risultano gli alieni, vagamente simili nell’aspetto a Nosferatu. Discreta anche l’idea di fondo e buono il livello di recitazione, peccato però per la sceneggiatura, che fa acqua da tutte le parti, e per i dialoghi alle volte francamente disarmanti. Avere trascurato l’aspetto fantascientifico in favore delle ambientazioni è stato un grave errore. Peccato veramente.

10.000 A.C.

aprile 5, 2008

Di questo film avevo letto solo recensioni pessime. Incuriosito – o forse inconsciamente desideroso di farmi del male – sono andato a vederlo. Pessima idea. Non pensavo che un regista come Emmerich potesse concepire una simile, assoluta banalità senz’anima. Veramente avvilente.

La storia vorrebbe essere ambientata nel Neolitico, ma è tenuta insieme con il vinavil. Un ragazzo di una tribù di cacciatori si innamora di una ragazzina dagli occhi blu – Evolet – , unica superstite del suo popolo massacrato da una oscura genia di predoni venuti da molto lontano. Il ragazzino aspetta paziente che i mammuth arrivino per la consueta stagione di caccia, legata alla loro migrazione (domanda: visto che i bestioni transitano ogni tot anni, nel frattempo la tribù – che evidentemente è stanziale – di cosa campa???), che permette ai giovani di essere riconosciuti come adulti. Questo permetterebbe al giovanotto di chiedere la mano alla sua bella…

Purtroppo sul più bello arrivano i cattivi, che massacrano chi cerca di resistere e rapiscono gli altri, salvo un pugno di superstiti, tre dei quali si mettono sulle tracce dei predoni. Tra loro c’è ovviamente il pretendente di Evolet. Dopo una serie di improbabili vicissitudini, in cui i nostri eroi si troveranno alle prese con varie tribù e animali vari della prestoria, si arriva allo scontro finale con una misteriosa cibiltà erede di Atlantide che schiavizza i nativi per erigere piramidi e templi vari. Alla testa di un variopinto esercito di guerrieri il nostro eroe riuscirà ovviamente a distruggerla e a liberare tutti gli schiavi dal loro triste destino. Ovviamente poi si ricongiungerà con la sua amata (fatta resuscitare nell’ultimo minuto da un rito sciamanico), e tutti vissero felici e contenti…

Patetico. La storia fa acqua da tutte le parte, lo sceneggiatore doveva essere un tossico in crisi d’astinenza. Lo stesso Emmerich deve avere cominciato a farsi di droghe pesanti, visto come ha girato questo film inconsistente, dove anche gli effetti speciali alle volte fanno accqua. Nel racconto sono presenti tutti gli elementi classici di storie di questo tipo (il prescelto, la profezia, il rito d’iniziazione, lo scontro tra le società tribali e la civiltà (vissuta ovviamente nella sua accezione negativa), l’eroe e la bella, la lotta contro i “mostri”, etc. etc. etc.) tuttavia essi sono stati assemblati col vinavil, realizzando un guazzabuglio senza ritmo, senza emozioni e senz’anima. Un film in cui non c’è niente da salvare, a parte gli occhioni blu della bella Evolet. Troppo poco per un film.

 

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Altro film fantasy senza infamia e senza lode. Una famigliola composta da madre e tre figli (due maschi e una femmina) giungono in una isolata e immensa casa di campagna, appartenuta a un lontano parente. La famiglia ha appena subito il trauma della separazione dei genitori, e cerca di ricostruirsi un nuovo futuro. Tuttavia la vecchia magione si rivela ben presto essere abitata da inquietanti presenze. La situazione precipita quando Jared trova un vecchio libro magico, nel quale sono custoditi delle conoscenze esoteriche. Molto interessato al libro è anche l’orco Mulgarath, che vorrebbe impossessarsene per dominare il mondo. Scatena quindi una schiera di troll e folletti vari per sottrarlo a Jared. Questi, aiutato dalla sua famiglia, riuscirà comunque a scongiurare (ovviamente…) le macchinazioni delle forze del Male. Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Ben recitato, ottimi effetti, un buon ritmo, tuttavia devo dire che durante la proiezione della pellicola sono sempre stato accompagnato da una senzazione di déjà vu…

Mad World.

marzo 22, 2008

Bellissima canzone di Gary Jules.

Mad World

All around me are familiar faces
Worn out places
Worn out faces

Bright and early for their daily races
Going nowhere
Going nowhere

Their tears are filling up their glasses
No expression
No expression

Hide my head I want to drown my sorrow
No tomorrow
No tomorrow

And I find it kind of funny
I find it kind of sad
The dreams in which I’m dying
Are the best I’ve ever had
I find it hard to tell you
I find it hard to take
When people run in circles
It’s a very very
Mad world
Mad world

Children waiting for the day they feel good
Happy birthday
Happy birthday

Made to feel the way that every child should
Sit down and listen
Sit down and listen

Went to school and I was very nervous
No one knew me
No one knew me

Hello teacher tell me what’s my lesson
Look right through me
Look right through me

And I find it kind of funny
I find it kind of sad
The dreams in which I’m dying
Are the best I’ve ever had
I find it hard to tell you
I find it hard to take
When people run in circles
It’s a very very
Mad world
Mad world
enlarged in your world
Mad world

(Gary Jules)

 

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Oggi sono andato a vedere nel pomeriggio questo film, che cerac di rivitalizzare il mito del mostro di Lochness. Si tratta di una pellicola fatta con mestiere, senza nè macchia nè lode, una fiaba per famiglie che però strizza l’occhio più ai genitori che ai bambini.

La storia è ambientata in Scozia, durante la Seconda Guerra Mondiale. Il protagonista è Angus, un ragazzino molto chiuso e triste che trova su una scogliera uno strano oggetto che poi si rivela essere un uovo. Questi si schiude e viene alla luce una ancora più stana creatura, un ibrido tra una tartaruga, un coccodrillo e una foca. La bestiola ha una fame insaziabile e cresce rapidamente a dismisura, creando non pochi problemi a Angus, che vorrebbe tenerlo nascosto agli adulti. La situazione contingente non lo aiuta di certo, visto che l’ampia casa dove vive con la madre e sua sorella viene ben presto occupata da una compagnia dell’esercito, inviata a presidiare la zona per difenderla dagli attacchi dei sottomarini tedeschi. Sul posto giunge anche un reduce della marina, che viene assunto dalla madre come tuttofare. La mamma di Angus è vedova di guerra, e ben presto si trova a essere corteggiata sia dal tuttofare che dal capitano delle truppe. La rivalità tra i due accompagnerà lo spettatore per tutto il film, senza che mai si capisca chi alla fine avrà la meglio (ammesso poi che qualcuno abbia la meglio). Nel frattempo la creatura, battezzata da Angus col nome del famoso naufrago Crusoe, continua a crescere nel lago limitrofo, venendo ben presto scoperta dalla gente del posto. Qualcuno fiuta l’affare e cerca di fotografarla, per attirare nel dopo guerra i turisti. Non riuscendo nell’impresa, i simpatici autoctoni insceneranno un falso, passato poi alla storia. I militari daranno la caccia alla creatura, ma Angus cercherà in ogni modo di salvarla…

La cosa che più mi è piaciuta di questa pellicola è proprio la caratterizzazione della creatura, che lungi dall’essere dipinta come un essere soprannaturale non perderà mai le caratteristiche istintive degli animali, non esitando per un istante a difendersi con ferocia dagli attacchi degli umani. Insomma una fiaba molto poco poetica, come dicevo, e povera di slanci troppo idealistici. Alla fine rimane una pellicola concepita e realizzata con mestiere, con un buon livello di recitazione, con buoni effetti speciali, ma priva di originalità. Buona per passare due ore al cinema in famiglia.

 

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Sto rileggendo questo bellissimo libro di Jeorge Amado, scrittore sudamericano che pubblicò questo suo capolavoro nel 1966. Una storia scritta nel tipico stile di Amado, forse alle volte un pò troppo prolisso e indulgente per i particolari, ma nel complesso si tratta di uno scritto seducente, in tutte le sue oltre 500 pagine. Narra la storia di Dona Flor, rimasta prematuramente vedova di un uomo – Vadinho – passionale ma del tutto inaffidabile, con una vita sregolata divisa tra l’alcool e il gioco d’azzardo, fondamentalmente votata all’eccesso. La prima parte del libro parla proprio del rapporto tra Dona Flor e Vadinho, del loro rapporto difficile ma appassionato. Nella seconda parte del libro entra in scena un secondo uomo, esattamente l’opposto di Vadinho. Si tratta di un tranquillo – quasi noioso – farmacista, con una vita estremamente regolare ma per nulla passionale. Un libro molto profondo, che esplora le profondità dell’animo umano, parlando di quello che è il grande problema di ogni rapporto di coppia: l’equilibro tra passione e affidabilità, rappresentati dalle due figure maschili con le quali Dona Flor dovrà dividere la propria vita. Certo non a tutti può piacere lo stile di Amado. Per me si tratta di uno scrittore magico, che mi ha fatto quasi sembrara di sentire gli odori della cucina, il ritmo della samba, la profonda sensualità di molte situazioni, insomma tutto il mondo di Bahia dove il libro è ambientato. Non per nulla lo sto rileggendo con grande piacere.